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cui poscia illustrò di nuove glorie Anacreonte,

Anacreonte, che rimesse
Avea sue Muse sol d’Amore in porto
(Petrarca, Ivi, 17-18):

se non che l’una sentì e cantò la passione, l’altro il piacere. «Rispetto alla lingua greca, Saffo concorse ad ampliarla e insieme fermarla. La frase omerica somiglia panno ondeggiante di larghe pieghe: Saffo la rassettò; la strinse: non però levandole grazia; ma solo conforme il ritmo lirico ricercava; il quale ella variò, dettando inni, odi, elegie; e mescolò l’eletta elocuzione co’ lenocinii della pronunzia e del dialetto eolico. Lei tutti gli antichi salutarono pari quasi ad Omero, maggiore quasi di Pindaro (Deschanel).» E il nostro Petrarca (Ivi, 25-27):

Una giovene greca a paro a paro
Coi nobili poeti gia cantando,
Ed avea un suo stil leggiadro e raro.

Costei, d’anima ardentissima, certo amò più che femminilmente; e di quel foco scaldò le pagine; e quel foco, ridotto per ingiuria del tempo a favilluzze ne’ molti frammenti rimastici, gitta per anche luce e calore. Di quelle infocate poesie ci desta vivissima l’imagine Plutarco nell’Amatorio, paragonando