Pagina:Fracastoro - La sifilide.djvu/131


119

Lo placate, nè l’ire oltre n’andranno.
Eterna ell’è, non revocabil mai,
La peste ch’ei vibrò; quai uom qui nasca
La proverà; lo Stige egli, e il severo
345Destin giurò. Se pur certo rimedio
Cercate, alla gran Giuno offrite bianca
Vitella, e negra vacca alla gran Terra.
L’una darà dal ciel felice un seme,
L’altra una selva dal seme felice.
350Ciò a salute. Disse, e l’antro e il bosco
Ne fur scossi, ed orror fu tutto intorno.
Obbedir; l’are antiche ergono al Sole;
Bianca vitella a Te, gran Giuno, e negra
Vacca svenano a Te, massima Terra.
355Dico a stupor — ma gli avi e i numi attesto —
L’arbor sacra che voi pel bosco tutto
Vedete, in questo suol prima non vista,
Prese tosto a gittar verdi le fronde,
E a invigorir pei campi in vasta selva.
360Tosto al vindice Sol nuov’annua festa
Indice il Sacerdote, e a sorte è tratto
Sifilo da immolar solo per tutti.
Già già le bende, e il sacro farro in pronto,
Di purpureo tingea sangue il coltello.
365Ma Giuno il fece salvo, e il mite Apollo,
Che meglio del tapin ostia un giovenco
Vollero, e il suol di ferin sangue intriso.
Dunque a memoria di quel fatto eterna
D’annua festa sacrar tal rito i padri.
370Tratto all’ara un pastor vittima vana;
Quel tuo delitto, o Sifilo, ricorda.
Tutta che vedi la turba tapina,
Tocca dal Dio, gli error sconta degli avi,
Cui con voti e con preci il Sacerdote
375Propizia i Numi, e il concitato Apollo.