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Se non che usando il Volpi di nitida latinitá, toglie il lettore dalla noia, a cui per amore degli antichi soggiace, leggendo i commenti oltramontani.

L’anno dopo, uscì un’edizione di Catullo, predicata principe1, perché si pretendea tratta da un codice allora trovato in Roma. Non mi è toccato di vedere l’edizione originale, né posso giudicare dell’esposizione. Ma ne possedo il testo di una elegante edizione schietta di note2, ove lo stampatore professa di seguire religiosamente la lezione del Corradino. Vedrai dalle varianti che non a torto fu questo commentatore obbliato, e chiamato «impudente» dal dottissimo Harles3 e «poco giudizioso» dal bibliografo Arvood4.

VI. Alcuni anni prima, Antonio Conti tradusse il poemetto e lo corredò di osservazioni5, che, se anche fossero state pubblicate senza il nome di tanto filosofo e letterato, vi si scorgerebbe nondimeno l’autore del Cesare,

  1. C. Valerius Catullus in integrum restitutus critice Jo. Franc. Corradini de Alio, Venetiis, 1738, fol.
  2. Lugd. Batavor. (Paris, Coustelier), 12°. 1743.
  3. Introd. in Not. lit. rom., vol. I, p. 326 e sg.
  4. All’articolo Catullo.
  5. Venezia, dalle stampe Pasquali, anno 1739.