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note. Versi 91 — 92. 145


le quali si sa che a Venere non si consecravano vittime cruente. Ma quanto questa interpretazione era chiara, altrettanto riuscivano confuse ed inette, le interpretazioni al resto del distico. Il Bentlejo congetturò unguinis, semplice correzione della prima sillaba san. La chioma domanda di ritornare al capo della regina. Venere operò perch’ella fosse trasferita al cielo; Venere può operare che rieda all’amato capo. Quando tu o regina placherai Venere ne’ dì festivi non lasciarla priva d’unguenti; Ma piuttosto fammi tua nuovamente, per mezzo di doni liberali. Quanto si offerissero unguenti agli Dei e nelle solennità lo sa ognuno che ha salutato gli antichi scrittori. Così pure de’ templi e simolacri tutti unguentati, de’ canestri pieni di fiori portati dalle giovinette, delle vesti profumate, della divina fragranza che spiravano i Numi e le loro chiome. Dirò soltanto che gli odori erano sì cara cosa che gli amanti chiamavano μύρος unguento le loro amiche; e Bione volgendosi a Venere, Idil. i, verso 78.

Τὸ σὸν μύρον ὤλετ´ Ἄδωνις
Adone tuo balsamo è morto.

Nella Cantica, Fasciculus mjrrhae dilectus meus mihi. Ed Ateneo pag. 848 n. 2. Beati voi, o regi, che sparsi di unguenti siete, e sempre odorati. In un’urna sepolcrale, fra le iscrizioni antiche illustrate dal Gaetano Marini, leggesi pag. 184.

εν μυροις
σοτεκνον
ηψυχη


Negli unguenti o figliuolo sin l’anima tua. Plutarco Simp. lib. iii, cita Alceo, il quale prescriveva agli infelici di spargere d’unguenti il capo travagliato, e di confortare così l’animo incanutito nelle sciagure. Avrei pur d’uopo d’unguenti!