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ultime lettere di iacopo ortis 43


petto; impugnalo; e di’ a te stesso: — Dovrò vivere eterno? — . Dolore sommo, forte; ma breve e generoso. Chi sa! La fortuna ti prepara una morte piú dolorosa e piú infame. Confessa. Or che tu tieni quell’arma appuntata deliberatamente sovra il tuo cuore, non ti senti forse capace di ogni alta impresa, e non ti vedi libero padrone de’ tuoi tiranni?


Io contemplo la campagna: guarda che notte serena e pacifica! Ecco la luna che sorge dietro la montagna. O luna! amica luna! Mandi ora tu forse su la faccia di Teresa un patetico raggio simile a quello che tu diffondi nell’anima mia? Ti ho sempre salutata mentre apparivi a consolare la muta solitudine della terra: sovente, uscendo dalla casa di Teresa, ho parlato con te, e tu fosti testimonio de’ miei deliri: questi occhi molli di lagrime ti hanno piú volte accompagnata in seno alle nubi che ti ascondevano; ti hanno cercata nelle notti cieche della tua luce. Tu risorgerai, tu risorgerai sempre piú bella; ma l’amico tuo cadrá deforme e abbandonato cadavere, senza risorgere piú. Io ti prego di un ultimo beneficio: quando Teresa mi cercherá fra i cipressi e i pini del monte, illumina co’ tuoi raggi la mia sepoltura.


Bell’alba! È pur gran tempo ch’io non m’alzo da un sonno cosí riposato e ch’io non ti vedo, o mattino, cosí rilucente! Ma gli occhi miei erano sempre nel pianto; e tutti i miei sentimenti nella oscuritá; e l’anima mia nuotava nel dolore.

Splendi, su! splendi, o Natura, e riconforta le cure de’ mortali. Tu non risplenderai piú per me. Ho giá sentita tutta la tua bellezza e, t’ho adorata, e mi sono alimentato della tua gioia; e finché io ti vedeva bella e benefica, tu mi dicevi con una voce divina: — Vivi! — Ma nella mia disperazione ti ho poi veduta con le mani grondanti di sangue; la fragranza de’ tuoi fiori mi fu pregna di veleno, amari i tuoi frutti; e mi apparivi divoratrice de’ tuoi figli, adescandoli, con la tua bellezza e co’ tuoi doni, al dolore.