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ultime lettere di iacopo ortis 23


Dalla Pietra, 15 febbraro.

Strade alpestri, montagne orride dirupate, tutto il rigore del tempo, tutta la stanchezza e i fastidi del viaggio, e poi?

Nuovi tormenti e nuovi tormentati1.

Scrivo da un paesetto appiè delle alpi marittime. E mi fu forza di sostare, perché la posta è senza cavalcature; né so quando potrò partire. Eccomi dunque sempre con te, e sempre con nuove afflizioni: sono destinato a non movere passo senza incontrare nel mio cammino il dolore. In questi due giorni io usciva verso mezzodí un miglio forse lungi dall’abitato, passeggiando in certi oliveti che stanno verso la spiaggia del mare: io vado a consolarmi a’ raggi del sole, e a bere di quell’aere vivace, quantunque anche in questo tepido clima il verno di quest’anno è clemente meno assai dell’usato. E lá mi pensava di essere solo o almeno sconosciuto a tutti que’ viventi che passavano: ma appena mi ridussi a casa, Michele, il quale venne a raccendermi il fuoco, mi andava raccontando che un certo uomo quasi mendico, capitato poc’anzi in questa balorda osteria, gli chiese s’io era un giovine che avea giá tempo studiato in Padova; non gli sapea dire il nome, ma porgeva assai contrassegni e di me e di que’ tempi, e nominava te pure. — Davvero — seguí a dire Michele — io mi trovava imbrogliato: gli risposi non ostante ch’ei s’apponeva. Parlava veneziano; ed è pure la dolce cosa il trovare in queste solitudini un compatriota. E poi... è cosí stracciato! Insomma io gli promisi... Forse può dispiacere al signore, ma mi ha fatto tanta compassione, ch’io gli promisi di farlo venire; anzi sta qui fuori. — E venga — io dissi a Michele; e, aspettando, mi sentiva tutta la persona inondata d’una subitanea tristezza. Il ragazzo rientrò con un uomo alto, macilento: parea giovine e bello, ma il suo volto

  1. Dante.