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ultime lettere di iacopo ortis 15


Quando poi il cielo mi manda questi momenti, io ti scrivo con quanto piú di fermezza mi è possibile, per non contristarti col mio immenso dolore. Né mi stancherò di scriverti; tutt’altro conforto è perduto; né tu, mio Lorenzo, ti stancherai di leggere queste carte, ch’io senza vanitá e senza rossore ti ho sempre scritto ne’ sommi piaceri e ne’ sommi dolori dell’anima mia. Serbale. Presento che un dí ti saranno necessarie per vivere, almeno come potrai, col tuo Iacopo.

Ier sera dunque io passeggiava con quel vecchio venerando nel sobborgo orientale della cittá sotto un boschetto di tigli: egli si sosteneva da una parte sul mio braccio, dall’altra sul suo bastone; e talora guardava gli storpi suoi piedi, e poi senza dire parole volgevasi a me, quasi si dolesse di quella sua infermitá e mi ringraziasse della pazienza con la quale io lo accompagnava. S’assise sopra uno di que’ sedili; ed io con lui: il suo servo ci stava poco discosto. Il Parini è il personaggio piú dignitoso e piú eloquente ch’io m’abbia mai conosciuto; e d’altronde un profondo, generoso, meditato dolore a chi non dá somma eloquenza? Mi parlò a lungo della sua patria, fremeva e per le antiche tirannidi e per la nuova licenza. Le lettere prostituite; tutte le passioni languenti e degenerate in una indolente vilissima corruzione; non piú la sacra ospitalitá, non la benevolenza, non piú l’amor figliale...; e poi mi tesseva gli annali recenti, e i delitti di tanti uomicciattoli, ch’io degnerei di nominare, se le loro scelleraggini mostrassero il vigore d’animo, non dirò di Silla e di Catilina, ma di quegli animosi masnadieri che affrontano il misfatto quantunque gli vedano presso il patibolo: ma ladroncelli, tremanti, saccenti... Piú onesto insomma è tacerne. A quelle parole io m’infiammava di un sovrumano furore, e sorgeva gridando: — Ché non si tenta? Morremo? Ma frutterá dal nostro sangue il vendicatore. — Egli mi guardò attonito: gli occhi miei in quel dubbio chiarore scintillavano spaventosi, e il mio dimesso e pallido aspetto si rialzò con un’aria minaccevole. Io taceva, ma si sentiva ancora un fremito rumoreggiare cupamente dentro il mio petto. E ripresi: — Non avremo salute mai? Ah! se gli uomini si conducessero sempre al