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148 | ii - vera storia di due amanti infelici |
Mi vide appena, che, alzandosi con una spezie di furore, corse con le aperte braccia verso di me: — E il mio Lorenzo?... — Un torrente di parole pareva che uscir volesse da quella bocca: non parlava... I lunghi aneliti, i singhiozzi, le lagrime le troncarono la voce: guardommi fisa, e, leggendomi forse nel sembiante il suo destino, muta si ristette... ed ambe le caddero le belle braccia stese e pendenti verso il terreno. — Oh Dio! — altro non proruppe.
È fuor di luogo ch’io descrivendo vada coteste cose, straniere no, ma separate dall’oggetto delle presenti lettere. Io sol dirò che la vezzosa Marianna inconsolabil piange il suo Lorenzo: la sua salute è cosí languida, che temo forse non spiri fra poco. Ed ecco il frutto delle umane passioni!
Tempo è alfine di proseguir la storia funesta di Iacopo. Andrò pure interompendo anch’io coteste lettere, siccome Lorenzo incominciò, descrivendo circostanze ed aneddoti interessanti. Anzi v’aggiungerò alcune lettere e cose altre a me sol note, poich’io seco vissi negli estremi suoi di. Infelice! tu lo vedesti morire, e tu pur vivi?
Nota bene. Tutto quello, che narrerò di Lorenzo e di Teresa, o essi medesimi me lo raccontarono e scrissero, od io stesso fui presente ai fatti ed ai ragionamenti.