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lettera xvi-xvii 101


LETTERA XVI

Padova, 7 decembre.

Non lo so; ma temo che tu ti sia maneggiato a tutto potere per cacciarmi dal mio dolce ritiro, ier l’altro Teresa mi andava predicando che, invece di profittare dell’ingegno e del tempo, io mi perdeva in pazzie; e ieri mi sopravenne Michele per avvertirmi da parte di mia madre ch’era giá allestito l’alloggio in Padova, dov’io aveva detto altra volta (davvero appena me ne sovviene) di volermi recare al riaprirsi della universitá. Or via, dunque: io sono a Padova. Ma bada di non volermiti opporre quando mi verrá voglia d’andarmene; perché tu sai ch’io son nato espressamente inetto a certe cose..., massime quando si tratta di vivere con quel rigoroso sistema di vita ch’esigono gli studi a spese della mia pace e del mio libero genio o (di’ pure, ch’io tel perdono) del mio capriccio. Frattanto ringrazia mia madre; e, per minorarle il dispiacere, cerca di profetizzare, così come se la cosa venisse da te, ch’io a Padova non troverò stanza per piú d’un mese... o poco piú.

LETTERA XVII

Padova, 11 decembre.

Ho conosciuto la moglie del patrizio T., che abbandona i tumulti di Venezia e la casa dell’indolente marito per passare gran parte dell’anno a Padova. Peccato! la sua giovine bellezza ha giá perduto quella vereconda ingenuitá, che sola veracemente diffonde le grazie e l’amore. Dotta assai troppo nella moderna galanteria, cerca di piacere non per altro che per conquistare: così almeno giudico. Tuttavolta, chi sa?... ella sta con me volentieri, e mormora meco sottovoce sovente, e sorride quand’io