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lettera xii-xiii 97


sennon perch’era vinto dalla febbre. Così odo i ricchi tacciare di colpa la povertá per la sola ragione che non è ricca. A me però sembra tutto apparenza; nulla di reale..., nulla. Gli uomini, non potendo per se stessi acquistarsi la propria e l’altrui stima, cercano d’innalzarsi, paragonando que’ difetti, che per avventura non hanno, a que’ difetti che ha il loro vicino. Ma chi non si ubbriaca perché naturalmente odia il vino, merita lode di sobrio?

Per me, lascio che i saggi vantino una infeconda apatia. La loro virtú mi sembra una massa di ghiaccio, che ritira tutto in se stessa e che irrigidisce chi le si accosta. Ho letto, giá tempo fa, non so in che poeta, che la burrasca piucché la calma insegna l’arte a’ nocchieri. Che se nel mar della vita non fossimo agitati dalle passioni, a che mai servirebbe la bussola della ragione, di cui noi mortali meniam tanta iattanza? «Né Dio sta sempre nella sua mestosa tranquillitá, ma s’involge fra gli aquiloni e passeggia con le procelle»1.

LETTERA XII

primo novembre.

Odoardo è partito, Teresa afflitta, la famiglia tutta in silenzio, ed io stretto da un crepacuore...

LETTERA XIII

7 novembre.

L’ho pur finalmente afferrato nel collo, quel ribaldo contadinello che dava il guasto al nostro orto, tagliando e rompendo tutto quello che non poteva rubare. Egli era sopra un pomaio,

  1. Quest’è un verso della Scrittura; ma non ho saputo precisamente trovare donde fu tratto. L’editore [F.].