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selva terza 357


Mira quell’ampia zona come obliqua [Zodiacus.]
mi volge a drieto, onde ne vado e riedo [Duplex et diversus raotus.]
insieme, ostando al mio tornar sí ratto.
Né di’ che tal ripulsa mi sia iniqua;
ché risospinto, mentre vi procedo,
l’un emisfero aggiorno, l’altro annotto.
scorrendo quattro ed otto
segni per tanti mesi, e passeggiando
causo molta bellezza di natura,
c’ha, variando, cura
farti piú vago e lieto il mondo, quando
d’ambi solstici a l’equinozio scando.
Quinci l’arista, e ’l ghiaccio quindi apporto,
lá il fior e ’l frutto a piú tua dolce gioia.
Ma non usar del ben concesso in male, [«Quanto maiora beneficia sunt hominibus constituta, tanto graviora peccantibus iudicia». Chrys.]
ché sentiressi quanto è ratto e corto
il mio gir lento, e ti darei gran noia
solcando il cerchio estivo e glaciale.
Poi ’l tempo c’ha cent’ale
a gli omeri, a le mani, al capo, ai piedi,
ch’ora sotterra giace in le catene,
verria stôrti dal bene
ch’oggi sí lieto godi e te ’l possedi;
e ne faria soi giorni e mesi eredi.
Ben tempo fu, che chi sia ’l tempo e morte
quello provasti, e questa dir sentisti;
e l’uomo Dio, che d’uomo a tempo nacque
(ma sempre di Dio nasce, ed or le porte
del ciel entrar hai visto), giá servisti,
quando per l’uomo farsi uomo li piacque;
ché nel presepio giacque
nudo, fra l’asinelio e bue nasciuto.
Ma, d’ignoranzia in grembo, l’hai scordato:
però da Dio novato
col mondo sei, che dianzi eri perduto,
e novo Adamo fatto sei di luto.