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capitolo ottavo 145


16
— Non ti vergogni, sacco di letame,
mangiar sol tu quel ch’ad un popol tocca?
Non sei tu causa de la nostra fame,
ché tutto ’l mare va per la tua bocca?
E pur d’un scappuccin sotto ’l velame
tu cerchi fra la gente vil e sciocca
mostrarti santo e dir quod in tonsura
salvatur tandem omnis creatura?
17
Ed io t’annuncio quod tonsura molti
ha ricondutto al lazzo de la gola,
perché a tondar dinari son accolti
sotterra de ladroni in qualche scola!
Porcazzo che tu sei, c’hai quattro volti,
e il lardo giú dal culo sí ti scola,
or come soffri poi di carne il moto,
tu che di castitade hai fatto voto?
18
Lascia quell’infelice creatura,
c’hai presa per vorarla in un boccone!
Dimmi, li santi padri tal pastura
mangiaron forse? o fecer con ragione
quel si ricerca al manto, a la tonsura,
al fiocco, al scapolare ed al cordone?
Falliron elli mai lo esterno manto
col viver parassito e finger santo? —
19
Cotal parole usava un dongelletto
contra un prelato grave ed attempato;
e giá sí pel rubor sí perché astretto
era di comprar legna a bon mercato,
lasciagli la gaioffa e dal conspetto
del volgo ch’ivi corre si è celato:
prende Orlandino quel breviario e scampa,
ch’altro non fu giammai di meglior stampa.

T. Folengo, Opere italiane. 10