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capitolo settimo 129


24
Due pelli di capretto avvinculate
per piedi, su le spalle ha per vestura.
Cogli altri pastorelli songli grate
lotte, bagordi e giochi di ventura.
Autunno, primavera, inverno, estate,
non mai di star agiato si procura.
S’ha fame, ciò ch’incontra egli tracanna,
o sia ne’ boschi o sia ne la capanna.
25
Giande, fraghe, castagne, cornie e more,
pomi selvaggi e pere si manuca,
non piú vi guarda il meglio che ’l peggiore,
non l’acetosa piú de la lattuca:
beve di fonte, o fermo o corridore,
né cessa ber per fango ovver festuca;
ma s’anco con sua madre si ritrova,
mangia butirro, pane, cacio ed ova.
26
Or Berta in questo tempo intende e spia,
Rainer esser di Sutri al reggimento;
cade in sospetto grande che non sia
da lui scoperta e fa comandamento
al figlio che con lei queto sen stia.
Ma ben piú tosto avria tenuto il vento
in un rete, che mai vietar a Orlando,
che non vada o ritorni al suo comando.
27
Usanza universale tra’ cittelli
era di Sutri, come far si sòle,
con sassi guerreggiare, poscia ch’elli
fusser asciolti da l’orribil scole,
quelli con questi e questi contra quelli,
ove s’oscura a tante pietre il sole.
Chi rumpe, chi l’ha rotta, o gamba o testa,
e sempre piú san Stefano tempesta.

T. Folengo, Opere italiane. 9