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Per scherno una corona d’aspre e dure
pungenti spine gli han sul capo messa,
le cui mordaci e rigide punture
entran la testa in mille parti fessa;
distilla il sangue per le chiome pure
al petto, a’ fianchi, a spalle ed a l’impressa
faccia di sputi, di guanciate, e quanti
scherni puotèr mai far quei lordi fanti.
17
Tien gli occhi a terra il dolce nostro pegno
languidi, oppressi e ne la fronte ascosi:
membro non è dal capo a’ piè, che segno
non abbia di flagelli aspri e nerbosi ;
spiccia fuor sangue e manca ai piè sostegno,
e vien gran sete dai sospir gravosi;
smarrito è Palmo aspetto, or mesto e gramo,
del cui sparso livor sanati siamo.
18
Ad un si fier spettacolo non puote
non cader vinta dal dolor la diva.
Il sangue al cor s’aggela e scure note
di morte lascia ove le vene priva:
col braccio la sostiene il car nipote
c’ ha vita si, ma morta piú che viva.
Le donne ancor si danno intorno a quella,
c’ha spento il lume, il polso e la favella.
>9
Fra questo tanto dal balcon Pilato
l’Agnello addita ed a la plebe vólto:
— Or ecco — chiama — l’uom c’ho flagellato
per voi gradir, non che ’n error sia còlto! —
Allor de’ farisei l’infuriato
volgo raccominciò gridar piú molto:
— Sia crucifisso il corruttor di legge,
che «re» vuol esser detto, e ancor non regge! —