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Tu veramente, che mercede alcuna
se non celeste non attendi e speri,
rinchiuditi pregando solo in una
mental celletta, ove de’ tuoi pensieri
lo stol nanzi al suo duca si ragguna
come veraci e fidi messaggeri
d’oneste preci; e ’l Padre, che ciò vede,
benigno gli ne rende ampia mercede.
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Duoi uomini nel tempio erano ascesi,
qual per lodarsi a Dio, qual per orare.
Un, ch’era fariseo, con gli occhi tesi
al cielo incominciò cosi a parlare:
— I’ ti ringrazio, Dio, che non t’offesi
giamai, perché mi cal sol di ben fare:
non sono agli altri simil, rubatori,
superbi e d’ogni guisa malfattori.
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Due volte ancora il sabbato digiuno,
come tu sai, Signore, ed altri sanno;
di quanto mai nel mio poder aduno,
al tempo suo le decime si danno;
i’ non bestiemo, i’ non percuoto alcuno,
tal che con lode tutti onor mi fanno.
Ma questo publican c’ho quinci al lato
(Dio, gli perdona!) quanto è scellerato! —
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Cosi dicea quella superba fronte
come se l’oprar suo chiedesse il merto,
come se ’l non rubar e altrui far onte
leghi le mani a Dio, che ’l salvi certo;
e vuol che le sue ciance vadan cónte
dicer al ciel che ’l debito gli ha offerto.
Oh prudenzia d’un mastro in sinagoga,
che suo mal grado avvantasi, non roga!