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un pensiero triste, fisso, brillò nei suoi occhi. La sua mente costruiva un romanzo davanti a quelle parole. Certo, la mano che le aveva vergate, doveva essere di una donna, una fanciulla che aveva trascorso giorni felici lassù, e che dopo l'ultima sua preghiera, dopo l'addio ai boschi, ove forse..., aveva dato anche l’addio alla signora dei luoghi testimoni della sua avventura. — Chissà! forse dopo non era stata mai più felice. E il pensiero di Lara corse ai bagni, alla parete della sua camera ove anch’ella aveva scritto la parola «addio!» — e sorrise di nuovo, ma amaramente, col suo straordinario sorriso che le dava l'aria, secondo il parere di Pasqua, di un predicatore indignato contro il mondo intero!

Uscita di chiesa, Lara visitò le altre stanze, tutte aperte in attesa dei nuovi ospiti, tutto in peggiore stato della loro, e studiò la «località». Gli alberi fremevano intorno: le capanne di frasche, rovinate, gli avanzi dei fuochi da lungo spenti, rottami di stoviglie e di bottiglie indicavano la novena dell’anno scorso; pareva un piccolo villaggio disabitato, e una melanconia immensa gravava col silenzio e la solitudine. Una cosa fece ridere Lara: la campana appesa ad un tronco, posto attraverso l'inforcatura di due alberi. — Ecco il campanile! pensò. La assalì l'idea di suonare, ma le fu impossibile, perché la campana mancava di corda, e tirò via.

Camminò a lungo, badando ai massi e agli alberi che lasciava indietro per non smarrirsi, e benché non volesse confessarlo a sè stessa, trovò che il bosco ampio e pittoresco ricompensava davvero la strettezza della «catapecchia,» ove era condannata a vivere due settimane. Oh, che bei divani di musco, che splendide cortine d’edera e di fiori! E la vôlta? La magnifica vôlta di cristallo azzurro che si vedeva attraverso gli arabeschi frementi delle verdi chiome degli alberi?

Si arrampicò su una rupe e vi trovò un superbo seggiolone di granito; si assise e guardò. Ai suoi piedi i boschi si stendevano per la china della montagna, e il panorama più sopra descritto sorrideva inondato di sole, di tinte vaghe e splendenti. Giù, giù, la valle ombrosa taceva, tacevano i lontani villaggi, taceva il cielo azzurro e i boschi sottostanti, ma lì vicino, fra l’edera e le rose