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e dove trovare questo straniero non lo sapeva ancora ma ci avrebbe pensato poi. E i suoi disegni si allargavano, si spandevano; da schizzi diventavano acquerelli, da miniature si trasformavano in grandi quadri: non era più un appartamento che Lara voleva, no, ma un vero e autentico palazzo con le corrispondenti carrozze, cameriere e livree, e lui... un conte o magari marchese... Perchè no? Mancano forse conti o marchesi nel mondo?

— Che pazza! Che pazza che sono! — esclamava Lara stiracchiando le braccia al di sopra della testa, dopo una lunga passeggiata nella carrozza della sua fantasia. — Sono proprio pazza!...

Rideva col suo solito risolino scettico, strano, che le squarciava le labbra rosse e carnose in cui pareva si fosse riunito il sangue del suo corpicino bianco; stirava anche i piedini sempre ben calzati, si guardava attorno, rudemente, volendo esser richiamata alla realtà dalla modestia della camera bianca e severa; poi correva via, andava in giardino e faceva il chiasso con Pasqua, quasi avesse voluto affogare nella spensieratezza infantile la malinconia di un pensiero fisso, tristo e sconfortante.

La domanda del vecchio ufficiale divertì assai Lara: in fondo in fondo ne provò un acre disgusto, una pessima delusione, perchè invero l’ufficiale non aveva nulla che fare col suo ideale; ma poi questo incidente la confortò e la mise sopra pensiero. Se la chiedeva in isposa, significava che non era più considerata come bambina, ma come donna. Ergo... bisognava adottare l’abito lungo, non giocare più con le piccine e aspettare con più forte e ben profilata speranza, fidando nell’avvenire...

E l’avvenire venne, il triste, terribile avvenire, con le prime delusioni, con la sferza che sprezza i sogni e coi sogni i cuori.

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Quell’anno Lara cadde ammalata: donna Margherita, che, come dicemmo, adorava le figlie benchè loro nol dimostrasse, promise di far la novena a Nostra Signora della Neve, purchè Lara guarisse: i medici invece consigliarono di condurla ai bagni di mare se realmente la