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V.


— Don Sebastiano Mannu, chi era don Sebastiano? — chiese Maura un giorno alla mamma. Donna Margherita trasalì, ma si contentò di rispondere solo a mezza voce:

— Era il padre di tua cugina, morto da molto tempo. — Non più oltre. Maura non chiese di più, ma non rimase soddisfatta, no; v’era un mistero nell’accento di donna Margherita, e Maura capì a volo che parlando di don Sebastiano si doveva parlarne a lungo... Sì, ella lo ricordava come un sogno lontano lontano, altre volte aveva inteso nominare quel nome in casa sua, con accento di rabbia e di dolore, poi più nulla, più nulla per anni ed anni; perchè ora non lo nominavano più dunque in famiglia?... Maura non lo seppe che molto più tardi, e allora capì quel silenzio. Era una storia triste, orribile, misteriosa.

Don Sebastiano, giovine bellissimo, fratello di don Salvatore, era stato ai suoi tempi il cavaliere più istruito e d’ingegno di tutta la Sardegna. Gran poeta estemporaneo in dialetto, le sue poesie e la sua memoria vivevano sempre in X*** e le sue canzoni correvano ancora di bocca in bocca, fra i canti monotoni dei popolani e le melanconiche serenate dei signori. Finissimo poeta in italiano, aveva lasciato volumi interi di ballate, poesie, romanze, sonetti, volumi che avrebbe pubblicato un giorno e che avrebbero immortalato il suo nome, così almeno si diceva a X***, se un fatto strano, orribile, non avesse troncato la sua carriera. — Una mattina fu trovato morto nel suo letto, col cuore trapassato a colpi di pugnale.

Sulle prime si credè fosse stato assassinato dai Massari, famiglia altre volte ricca e nobile, ma ora in estrema decadenza, fra i quali e i Mannu esisteva un’acerrima inimicizia, la cui origine si perdeva nella oscurità dei tempi, — ma nonostante le più attive ricerche, non si scoprì nulla. Poi, aperto il testamento di Sebastiano, si confermò la voce che serpeggiava segreta ancora nella folla, che il poeta si fosse suicidato. Infatti