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— tutti quelli che riprenderanno, in altri campi, analisi simili saranno chiamati proustiani.

Né ciò basta: illuminati retrospettivamente dall’invadente opera moderna ci appariranno proustiani anche gli antichi. E quello che mi balza in mente leggendo S. Agostino, che mi è parso il primo proustiano della letteratura europea, quello forse che ha portato il Proustismo al suo più alto grado di perfezione e di utilizzazione.

Se si domandasse a un cinese, che avesse lette « Le confessioni » e « A la recherche du temps perdu » l’uno dopo l’altro senza conoscere la storia della nostra civiltà letteraria, chi gli sembrerebbe posteriore, il cinese risponderebbe a rigore S. Agostino.

Quell’analisi sottile infatti, che in Proust è solamente una montagna di materiale radunata a fondo perduto, che aspetta ancora dall’autore una forma, si ritrova in S. Agostino armoniosamente composta e sfruttata; quell’analisi sottile che in Proust si stende dappertutto ad esaminare ugualmente dei sentimenti di grande, di media, di minima importanza — come si costuma nell’infanzia dell’arte — si ritrova in S. Agostino posta a servizio di punti importanti essenziali dell’animo umano. E appunto per questa sua temperanza e castità d’effetti, quando S. Agostino l’usa è più forte.

La bellezza di Proust è, in fondo, più popolare. Perchè invece di essere saggiamente misurata e di-