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nezza e in tutti i suoi particolari, così lucidamente come lo vedo ora; e qualche volta l’ho confuso un po’ con un altro fenomeno, che appartiene alla stessa famiglia ma è diverso: con la perturbazione che genera l’incremento della ricchezza, quando è figlia del lavoro. L’opera ha quindi bisogno di qualche ritocco. Ma sarò io giudicato vittima di un vano orgoglio, se dirò apertamente che, a mio giudizio, un critico equo e competente, invece di dottrineggiare fuori di tempo e luogo sul materialismo storico, avrebbe potuto, e forse dovuto, riconoscere un po’ di merito all’autore, che primo aveva avuto la visione di un fenomeno di cui si era perduta la memoria, venti secoli dopo che era avvenuto, venti anni innanzi che, ripetendosi in un intero continente, si rivelasse di nuovo alla obliviosa noncuranza degli uomini?


FINE.