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la rinascita 109


cia, in Germania, in Olanda, i Tacitisti dilagano, si dividono in tendenze contrarie, distinguono, reagiscono magari, ma Tacito è sempre in bocca a tutti, e molti affermano che è il solo autore grande della antichità.

Così, per esempio, il marchese Virgilio Malvezzi dice che Tacito può essere molto utile in un’epoca di governi principeschi, come si studiava Tito Livio, quando c’erano le repubbliche. E Raffaele Dalla Torre, nel primo capitolo dell’Astrolabio di Stato, polemizza in un dialogo contro Famiano Strada, il quale affermava col suo traduttore, C. Papini, che Tacito attacca le frange al racconto, e si basa sul verosimile ma non sul vero, ha uno stile duro, rotto, troppo pieno di sentenze e di massime. Scipione Ammirato scrive i famosi «Discorsi sopra Tacito» che corrono il mondo, citati ovunque come un testo fondamentale. In Francia anche il Bodin scende in campo per difendere lo stile di Tacito. «Quis enim non videt dictio Taciti quam sit elegans, quam tersa et limata?». Giusto Lipsio scrive in vece che Tacito potrebbe gareggiare con tutti gli scrittori dell’antichità, se il suo latino fosse puro come quello di Livio e di Sallustio; ma poi si converte. E se in mezzo alla folla innumerevole degli entusiasti, tra cui non bisogna dimenticare Amelot de la Houssaye, c’è il piccolo gruppo di dissidenti, come il Boccalini, con che ardore sorgono a difendere lo scrittore antico i suoi molto più numerosi ammiratori! Teodoro Ryck definisce «sogni e chimere politiche» i giudizi su