Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/200

192 fausto.

dermi di mezzanotte. Abbi pietà, e lasciami vivere. Verrai domani sull’alba; ahi, sarà già per tempo domani sull’alba! (Si leva in piedi.) Sono ancora così giovane, così giovane! e già devo morire! Ed io era anche bella, e di qui è nata ogni mia rovina! Allora l’amor mio era vicino a me, ma oh, adesso egli è lontano. La mia ghirlanda è straziata, e i fiori ne sono sparsi. — Non mi afferrare così ruvidamente; deh, abbimi qualche riguardo! Che ti ho fatto io? Non volere che io pianga e supplichi indarno! Sai ch’io non ti ho mai veduto nella mia vita!

Fausto. Ahi, io non so sostenere tanto affanno!

Margherita. Tu vedi, io son tutta in tuo potere. Sol lascia ch’io allatti prima il mio figliuolino. Io l’ho accarezzato e baciato tutta notte; poi me l’hanno tolto per tormentarmi, ed ora dicono ch’io l’ho ucciso. Oh, io non sarò mai più lieta! Essi cantano non so che canzoni sopra di me, il che non è da gente da bene. Una vecchia novella finisce così; chi ha insegnato loro ad applicarla ad altri?

Fausto gittandosegli a’ piedi. Quegli che ti ama sta a’tuoi piedi, per iscioglierti dalle tue dolorose catene.

Margherita gillandosi a terra presso di lui. Sì, inginocchiamoci a pregare i Santi. Guarda! sotto quegli scaglioni, lì sotto il limitare sobbolle l’inferno. Odi con che orrendo furore strepita lo Spirito maligno.

Fausto, alto. Ghita! Ghita!

Margherita stando attenta. Fu la voce dell’amico mio! (Si sbalza in piedi. Le sue catene cadono.) Dov’è? L’ho udito chiamarmi. Io son libera, e nessuno po-