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214 capitolo v



§ 9. Sviluppo storico ed evidenza dei principii.

Nella sua classica opera «Die Mechanik in ihrer Entwickelung»1, E. Mach studia profondamente lo sviluppo storico dei concetti e dei principii meccanici, richiamando e discutendo i problemi e le esperienze particolari da cui essi hanno preso origine e forma determinata.

Da questa esposizione, cui dovremo riferirci più volte nel seguito, appare che si possono, fino ad un certo punto, distinguere l’insieme degli esperimenti e delle riflessioni da cui è sorta la Statica, e quello che ha condotto alla Dinamica. La prima nasce in parte dai geometri greci, e soprattutto da Archimede, e si svolge nei tempi moderni, per opera di Stevin, Varignon, Galileo ecc. fino a Newton. La seconda è scienza intieramente moderna, la cui fondazione si riattacca essenzialmente ai nomi di Galileo, Huyghens e Newton. Come trapasso fra l’una e l’altra ci sembra meriti di essere menzionato il tentativo di costruzione cinematica di Des Cartes.

La storia del progresso delle idee porge insegnamenti istruttivi, mostrandoci la graduale estensione acquistata dai concetti, e facendoci vedere come l’esperimento istituito in casi particolari sia stato l’occasione di riconoscere e di fissare certe associazioni dei dati sensibili, che in parte si possono attribuire ad un anteriore lavoro istintivo di coordinazione delle osservazioni ed esperienze più familiari. Allorchè lo spirito umano giunge ad un tale riconoscimento, prova l’impressione di scoprire, all’infuori della esperienza, qualcosa di generale che altri riceverà come principio evidente.


S’insiste oggi da più parti, e con ragione, su questo punto, che «l’evidenza dei principii non costituisce in nessun caso una prova a priori contro esperienze possibili»; e noi non abbiamo motivo di ritornare sopra una questione sufficientemente discussa nel campo della Geometria.

Ma, a parer nostro, si procede in questo senso tropp’oltre, quando si viene a deprezzare l’evidenza intuitiva, mettendo in luce gli errori a cui essa ha condotto, senza tener conto sufficiente che questi hanno potuto essere corretti mercè una più giusta interpretazione. A questo titolo si avrebbe ugual motivo di deprezzare anche l’esperimento diretto, poichè esso non ci assicura dai pericoli di una interpretazione erronea.

Or dunque mentre ci appare non dubbio che l’evidenza intuitiva debba cedere in un eventuale conflitto di fronte ai responsi criticamente valutati dell’esperimento, ci piace rilevare che in fatto tali conflitti non si sono chiusi mai con una vera condanna della intuizione, ma hanno costretto questa ad abbracciare un campo più largo di dati sensibili, eliminando così l’apparente contraddizione.

  1. Op. cit. a pag. 255.