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introduzione 9


Ma veramente le beffe sono, contro i filosofi, armi spuntate. E chi si contenti di ridere merita forse che gli si ricordi il proverbio «risus abundat in ore stultorum».

Trattandosi di uomini elevati, certo è più saggio cercare di comprenderli, e trarre partito dai loro stessi errori. Poichè una conseguenza assurda non può arrestare il movimento del pensiero; e uno sbaglio, di cui non si volesse scorgere che l’aspetto ridicolo, sarebbe un’occasione perduta d’istruirsi.

Come si potè dubitare appunto di ciò che vi è di più certo per tutti gli uomini, fino dalla più remota infanzia?

Non si riesce forse a comprenderlo se non risalendo coll’immaginazione a quell’età, di cui è quasi perduto il ricordo, nella quale i sogni si confondono colla realtà, e l’immagine riflessa da uno specchio sembra così reale come la persona che gli sta dinanzi.

Perchè la verità e l’errore entrano nel nostro intelletto per la medesima porta, che i sensi aprono al sapere, noi siamo bentosto costretti a metterci in guardia per non rimanere ingannati dalle illusioni.

La volontà dell’uomo di non essere ingannato, tale è appunto l’origine del problema della conoscenza!

Si tratta sempre ed unicamente di questo: apprendere e toccare la realtà di mezzo alle mille cause d’errore per cui la nostra osservazione è viziata.

Occorre dunque stabilire una distinzione relativa.

Perdendo di vista tale relatività per seguire il miraggio di un assoluto fantastico, l’idealismo metafisico ci ha ricondotti al punto stesso donde eravamo partiti, cioè a confondere i sogni coi fatti reali; si dia agli uni il nome degli altri, o viceversa, non vi è tra i due casi alcuna differenza essenziale.


Accade talvolta nelle escursioni alpine che, non sapendo esattamente quanto disti la meta, ci si creda prossimi a toccarla mentre si sale la cima rocciosa di un contrafforte, dal quale una nuova vallata si apre improvvisamente alla vista. Occorre ridiscendere con prudenza; dopo varie ore di una marcia faticosa non ci troveremo forse più alti che al luogo di partenza. Ma il tempo e la fatica non furono spesi inutilmente; poichè se la cima sembra ora più lontana, nell’allargato orizzonte, in realtà ci siamo avvicinati ad essa, superando un ostacolo che la nascondeva ai nostri occhi. Bisogna soltanto non perdersi di coraggio; non rinunziare in un momento di debolezza.

Si ricominci la lotta, con uno sforzo della volontà! E se il pendio è ripido, se enormi crepacci dissimulati dalla neve si aprono sotto i nostri piedi, arrampichiamoci con prudenza, tenendoci stretti gli uni agli altri, leghiamoci alla corda e diamoci la mano!

Così metaforicamente può dirsi dell’idealismo metafisico, che salendo il colle dirupato di un assoluto fantastico, si trovò innanzi ad una valle profonda,