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36 l’eneide. [858-882]

Caduti dopo l’onde in preda al foco
Che da’ tuoi si minaccia ai nostri legni,
860Preghianti a proveder che nel tuo regno
Non si commetta un sì nefando eccesso.
Fa’ cosa di te degna, abbi di noi
Pietà, che pii, che giusti, ch’innocenti
Siamo, non predatori, non corsari
865De le vostre marine o de l’altrui:
Tanto i vinti d’ardire, e gl’infelici
D’orgoglio e di superbia oimè! non hanno.
     Una parte d’Europa è, che da’ Greci
Si disse Esperia, antica, bellicosa,
870E fertil terra, dagli Enotrei cólta.
Prima Enotria nomossi, or, come è fama,
Preso d’Italo il nome, Italia è detta.
Qui ’l nostro corso era diritto, quando
Orïon tempestoso i venti e ’l mare
875Sì repente commosse, e mar sì fero,
Venti sì pertinaci, e nembi e turbi
Così rabbiosi, che sommersi in parte
E dispersi n’ha tutti: altri a le secche,
Altri a gli scogli, ed altri altrove ha spinti:
880E noi pochi, di tanti, ha qui condotti.
Ma qual sì cruda gente, qual sì fera
E barbara città quest’uso appruova,


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