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[1020-1044] libro vii. 341

1020Lavò d’Ibèro il conquistato armento.
Eran di mazzafrusti, di spuntoni,
Di chiavarine, e di savelli spiedi
Armate le sue schiere. Ed egli, a piedi,
D’un cuoio di leon velluto ed irto
1025Vestia gli omeri e ’l dorso, e del suo ceffo,
Che quasi digrignando ignudi e bianchi
Mostrava i denti e l’una e l’altra gota,
Si copria ’l capo. E con tal fiera mostra
D’Ercole in guisa, a corte si condusse.
     1030Vennero appresso i suoi fratelli argivi
Catillo e Cora, e di Tiburte il terzo
Guidâr le genti, che da lui nomate
Fur Tiburtine. Dai lor colli entrambi
Calando avanti a l’ordinate schiere,
1035Due centauri sembravano a vedergli,
Che giù correndo da’ nevosi gioghi
D’Òmole e d’Otri, risonando fansi
Dar la via da’ virgulti e da le selve.
     Cècolo, di Preneste il fondatore,
1040Comparve anch’egli: un re che da bambino
Fu tra l’agresti belve appo d’un foco
Trovato esposto; onde di foco nato
Si credè poscia, e di Volcano figlio.
Avea costui di rustici d’intorno


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