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Il 1872.



Il censimento — Opposizione dei clericali — Discussioni teologiche al palazzo dei Sabini — Ricevimenti e diserzioni da campo nero — Visite principesche - Incidente delle bande musicali al Colosseo — Utilità delle visite — Il signor Fournier viene a Roma ministro della Repubblica Francese — Le petizioni dei cattolici francesi — Il trionfo della politica estera dell’Italia — Ire di Luigi Veuillot — Il Vaticano rifiuta di accettare l’ambasciatore di Germania, cardinal Hohenlohe — Le due diplomazie — Morte del general Cugia — Dolore dei Principi di Piemonte per questa morte — Esequie religiose — I patrizi escono dai pubblici uffici — Funerali di Giuseppe Mazzini — L’Internazionale fa capolino — La commemorazione degli studenti morti nel 1848-49 — Mania delle lapidi — Il Congresso Operaio all’«Argentina» — Ostilità della Capitale contro il Congresso — Il meeting di protesta al Corea — L’Università Romana — Le idee dei professori Tommasi-Crudeli e Blaserna — Errori del Correnti — Campagna del Bongni per la riforma universitaria e contro l’abolizione della facoltà di Teologia — Correnti deve dimettersi — Il Sella protegge l’Università Romana — I Principi di Piemonte a Berlino — Cortesie con l’Austria — L’incidente alla partenza del Principe Umberto per Berlino — Proibizione di dimostrazioni al Gianicolo — Guardie Nazionali e papalini — Le scuole laiche — Roma si ripulisce Costruzioni - Recrudescenza di malattie — I clericali alle urne — Professione di fede di Francesco Crispi — Trionfo dei liberali sui clericali — Misure dello Scialoja contro gl’Istituti clericali — Proteste del Cardinal Vicario — Il Suffragio Universale e gli scopi del Comizio al Colosseo — La legge sulla soppressione delle corporazioni religiose — L’incidente del l’«Orenoque» e il ritiro del signor Bourgoing.


Il bel sole che illuminava Roma la mattina del 1° gennaio 1872 fu una lieta promessa di pace, e pacifico fu il discorso che pronunziò il Re al Quirinale nel ricevere le deputazioni della Camera e del Senato, un discorso che rivelava la soddisfazione dei fatti compiuti, e incitava al lavoro. Questo lavoro s’imponeva, perchè oltre le riforme generali che richiedevano le nostre leggi, create quasi tutte nella massima fretta da uomini, che avevano, momento della unificazione del paese, più patriottismo che esperienza di governo, la guerra di Francia, le nuove spese militari, l’acquisto di Roma ne richiedevano altre. L’università romana, per esempio, non era pareggiata alle altre; la legge sulle corporazioni religiose, per riguardo alle potenze e al Papa, non era stata applicata alle nuove provincie, e Roma stessa, per esser capace di divenire di fatto la capitale d’Italia, cioè il vero centro della vita del paese, aveva bisogno della cooperazione del Governo. Il lavoro dunque era grave, delicato e complesso. Il municipio pure aveva capito questa necessità e l’anno inauguravasi con un lavoro necessario: il censimento della popolazione. Da quel censimento risulta che Roma aveva allora 247,553 abitanti, cioè presentava un aumento di circa 25,000 abitanti sulla Roma papale, perchè già da ogni parte d’Italia erano venuti qui operai per i lavori, intraprenditori e un certo numero d’impiegati, ma soprattutto molti affaristi attratti dalla speranza di lucrose speculazioni; però la mancanza di alloggi, il caro dei viveri, tratteneva ancora molta parte di quella popolazione avventizia che poi venne in seguito e che fu più male che bene che venisse.