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rappresentazione, e mentre ancora i pellegrini affluivano al Vaticano ed erano ammessi alla presenza del Papa, a Roma giungeva il pellegrinaggio dei devoti alla monarchia, che volevano associarsi alla festa della famiglia Reale, e i principi e gli ambasciatori straordinari.

Il periodo delle feste incominciò il 19 aprile con l’inaugurazione della Esposizione di Belle Arti, che fu un vero trionfo per la Scuola Veneziana e per una parte di quella Napoletana. In quello stesso giorno giunse a Roma l’arciduca Ranieri d’Austria, inviato dall’Imperatore alla nostra Corte, con la quale l’arciduca è legato da stretta parentela. Ebbe un’accoglienza simpatica, ma non entusiastica, dalla popolazione, che già gremiva le strade principali, ornate di pennoni, di stemmi, di bandiere tedesche ed italiane, e di lauro.

La Regina Maria Pia era giunta prima, insieme col duca di Oporto, e già erano qua le due duchesse di Genova, la duchessa d’Aosta e il duca d’York. La principessa di Galles non assistè alle feste, ma fece una visita ai Sovrani poco prima, lasciando il suo yackt «Osborne» a Piombino, e andando poi a Napoli ad imbarcarsi.

Anche i rappresentanti esteri erano tutti arrivati. 11 Sultano aveva mandato una missione guidata da Hassan Fehmi Pascià; la Regina reggente di Spagna, il duca d’Alba, che fu quasi sempre ammalato e che pochi videro; il Reggente di Baviera il generale von Parseval; il Re dei Belgi il generale Fischer; il Re di Sassonia, il generale von Karlowitz; la Regina reggente d’Olanda l’ammiraglio von Busch; il principe del Montenegro il figlio, principe Danilo; la Serbia una missione speciale e la Rumania pure. Per rappresentare il Re di Grecia era venuto il principe Giorgio; per lo Czar Alessandro III il fratello granduca Wladimiro, insieme con la granduchessa Maria Paulowna, bella, elegantissima e che soleva ornarsi di gioielli d’inestimabile valore.

La mattina del 20, con un caldo estivo, giunsero i Sovrani di Germania, entusiasticamente salutati da migliaia e migliaia di persone, che si stipavano in piazza di Termini, in via Nazionale e davanti alla Reggia. Il Re, la Regina e tutti i principi e le principesse erano andati loro incontro alla stazione, e il colpo d’occhio che presentava quel corteo, ricco di colori, scintillante d’oro e di argento, sotto il sole primaverile, attraverso la città ornata a festa, gaia, esultante, è indescrivibile, come è indescrivibile l’entusiasmo popolare che scoppiava lungo le vie al passaggio della carrozza ov’erano l’Imperatrice e la Regina, il Re e l’Imperatore. I gridi, gli evviva, i battimani coprivano l’inno germanico e la marcia reale suonati dalle numerosissime fanfare e bande schierate lungo il cammino, e dalle finestre gremite di gente, pavesate a festa, ornate di arazzi, piovevano fiori sulle Sovrane e sui Sovrani. Vittoria Augusta e Margherita erano specialmente festeggiate e acclamate. Il popolo voleva dimostrare all’Imperatrice quanto erale grato di aver lasciato i figli per venire a Roma ad accrescere ed ingentilire con la sua presenza la festa della famiglia Reale, e alla Regina voleva significare che alla festa di Lei partecipava con tutto il cuore.

Insistenti e calorosissimi evviva chiamarono i Sovrani e i Principi al balcone del Quirinale e appena terminate le presentazioni e la colazione, Imperatore e Re, Imperatrice, Regine e Principesse uscirono per andare alla Villa Borghese, che non sarà mai più bella come in quei giorni, in cui fra i viali scuri si vedevano ogni momento passare al trotto i ricchi equipaggi con le livree rosse, ai quali facevano seguito centinaia di carrozze padronali, che stentavano ad aprirsi un varco tra la folla.

La sera di quel giorno vi fu a Corte un pranzo di famiglia; il di seguente il Re ricevè i rappresentanti esteri, che gli presentarono gli augurj. Fra quelli eravi pure il Marajak Roigan di Kapoulata, vestito di tutti i colori dell’iride in ricche stoffe orientali, ed accompagnato da due funzionari dai vestiti non meno sfarzosi.