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I giornali clericali di Roma smentirono che Sèverine fosse stata ricevuta in udienza particolare, perchè le parole del Papa avevano fatto nascere una grande diceria, ma la scrittrice sostenne la verità delle sue asserzioni e narrò come aveva ottenuto l’udienza. Il pubblico prestò fede a lei, tanto più che la lettera al Figaro era una esaltazione del Pontefice, e non una diatriba.

In quell’anno ricorreva il quarto centenario della scoperta dell’America e una squadra italiana era andata a Cadice per unirsi alle feste che si facevano in onore di Colombo, e a Genova se ne preparavano altre sontuose. La commemorazione della scoperta del continente americano cagionò a Roma disordini, perchè le società cattoliche, riunite a piazza Ricci, vollero portare un labaro marrone su cui stava scritto: «Roma cattolica a Cristoforo Colombo» per ornare il busto del grande navigatore, che vedesi al Pincio.

La processione fu accolta a fischi alla Chiesa Nuova e a Sant’Eustachio. Passando per Ripetta, dalla casa ove abitava l’avv. Ranzi, furono gettate sui dimostranti due bandiere tricolori. Essi salirono di corsa al Pincio, ma trovarono già il busto di Colombo avvolto con bandiere nazionali. Ne nacque una colluttazione e il busto rotolò per terra. Intanto la banda del municipio, che aveva accompagnato la processione, vedendo la mala parata, prese a sonare l’inno di Garibaldi. Le guardie e i carabinieri sedarono il tumulto, ma la sera, a piazza Colonna, vi fu una controdimostrazione, e si fecero alcuni arresti di anarchici.

In quel tempo il sindaco, duca di Sermoneta, che amministrava con criteri veramente onesti e illuminati la capitale, fece un viaggio a Firenze, a Torino e a Milano insieme con l’assessore de Angelis, per studiare come funzionava in quelle città il corpo dei vigili, che qui in ogni incendio che avveniva dimostravasi insufficiente e male ordinato; e al suo ritorno preparò proposte da presentarsi al Consiglio per introdurre in quel corpo una riforma.

Al Silvestrelli, come capo della amministrazione ospedaliera di Roma, succedette il comm. Colucci, già prefetto di Palermo.

In quell’autunno il Re si recò in Umbria, e precisamante a Foligno, ove si svolgevano le grandi manovre, poi inaugurò il monumento a Vittorio Emanuele a Spoleto, e quindi s’imbarco a Spezia sul «Savoia» insieme con la Regina e il Principe di Napoli, per assistere a Genova alle feste colombiane e passare in rivista le squadre di quasi tutte le potenze del mondo, riunite in quel porto per fargli omaggio. I ministri Giolitti, Saint-Bon, Martini, Brin, Bonacci, Pelloux e Finocchiaro-Aprile accompagnarono il Re, e la festa di Genova riusci l’avvenimento più importante di quell’anno, non solo per il ricevimento entusiastico che i Sovrani ebbero nella bella città ligure, ma anche; e soprattutto, per il fatto che tutti i regnanti non solo, ma anche il Presidente della Repubblica francese, affidarono agli ammiragli comandanti le rispettive squadre l’incarico di presentare a Umberto I l’espressione dei loro sentimenti amichevoli.

Dopo quelle feste i Sovrani tornarono a Monza, e il Re firmò nella sua villa il decreto di nomina del comm. Urbano Rattazzi a ministro della R. Casa in sostituzione del conte Visone, e l’altro con il quale promuoveva il Principe di Napoli a maggior generale, affidandogli il comando della brigata «Como», di stanza a Napoli

La ricorrenza del XX settembre, che fu festeggiata quell’anno molto dignitosamente dalla popolazione romana, era quella pure della fondazione dell’«Asilo Savoja» per l’Infanzia abbandonata, asilo che doveva all’on. Crispi la sua esistenza. Il Re in quel giorno elargì all’asilo 50,000 lire. Il consiglio direttivo, appena avuto l’annunzio del donativo sovrano, telegrafò a Monza esprimendo la sua gratitudine.