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scandalizzato da tanta curiosità, scrisse una poesia A proposito del processo Fadda, che stampò nel Fanfulla della Domenica, e fu avidamente letta. Riproduco qui quella poesia perchè oltre ad essere un gioiello letterario è la più bella critica che si potesse fare della crudele curiosità muliebre:

I.


Da i gradi alti del circo ammantellate
               di porpora, esse ritte
ne i lunghi bissi, gli occhi dilatati,
               le pupille in giu fitte,
abbassavano il pollice nervoso
               de la mano gentile.
Ardea fra bianche nuvole estuoso
               il sol primaverile
su le superbe, e nella nera chioma
               mettea lampeggiamenti.
Fremea la lupa nutrice di Roma
               da i lor piccoli denti,
bianchi, affilati fra le labbra rosse,
               contratte in fiero ghigno.
Un selvatico odor su da le fosse
               vaporava maligno.
Era il sangue del mondo che fervea
               con lievito mortale,
su cui provava già Nemesi dea
               al vol prossimo l’ale.
E le nipoti di Camilla, pria
               di cedere le mani
ai ferri, assaporavan l’agonia
               de’ cerulei Germani


II.


Voi sregolate, o belle, i pasticcini
               fra il palco e la galera,
ed intente a fornir di cittadini
               la nuova italica era,
studiate (o professor Giovanni Rizzi,
               anche questo è ideale)
gli abbracciamenti dei cavallerizzi
               fra i colpi di pugnale;
e palpate con gli occhi abbracciatori
               le schiene ed i toraci,
mentre rei gerchi fra sudici odori
               testimonian su i baci.