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di sua sapienza in quel modo, che, non sapendo il bene ed il male che ci rinfranca e ci affligge, noi pendessimo dall’Arbitro altissimo delle cose.

Quel pio Monarca, quel Padre affettuosissimo de’ Sardi Carlo Felice I. di Savoja più non è. Qual annunzio fatale, qual voce tristissima di lutto occupa la Città! I sacri bronzi col lugubre rimbombo universale rompono le lagrime de’ fedelissimi suoi sudditi, e, confondendosi coll’eco mestissima del comun gemito, rappresentano agli incliti Sassaresi la più deplorabile perdita del migliore dei Re. Ora intendo, venerando Senato dei Leviti, illustri Magistrati, nobili Signori, dotti Accademici, ragguardevolissima Udienza, la causa che vi guida a questo Tempio santo, la pietà vostra singolare, la vostra gratitudin sincera, propagin vetusta di più vetusta pianta, donde i Monarchi d’Icnusa spiccavan mai sempre i più bei frutti di sudditizia fedeltà. Per la qual cosa, a sì nobile scopo, l’illustre Corpo di questa Città fedelissima alle mie più penose cure volle aggiugner questa gravissima di pianger con lugubri accenti sulla funerea mole (*), che la sua pietà, la sua invariabile riconoscenza fa sorgere in questo dì per li solenni tributi di suffragio all’augusta