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di i8o residui; ma pare difficile a capire come a Giustiniano tornasse utile, <(.quOii sibif ore compendio vident», il cosi diminuire il valore alle monete d’oro. Ma chi averá considerato qui sopra come l’accrescer di valor le monete d’oro ed argento porta a’ principi pregiudizio nell’entrate e dazi, facilmente ancora potrá capire che porterá loro utile lo scemarle di valore. Perciocché, se con uno statere aureo, che pesava mezz’oncia, cioè due didrachmi, avevano 210 oboli, co’ quali pagavano, per esempio, il tributo di 21 iugeri di terra; divenuto lo statere solo 180 oboli, non serviva che a pagare per 18, e per conseguenza conveniva loro aggiungere la sesta parte d’uno statere di piú, per pagar quella gravezza, che con un solo statere prima pagavano; ond’è verissimo che d’ogni statere d’oro il suddito ne perdeva la sesta parte.

CAPITOLO XIII

L’introduzione di monete d’oro e d’argento forestiere a maggior prezzo dell’intrinseca loro bontá produce alzamento di quelle del paese.

Il far baratti di mercanzie, dando quella che vai piú per quella che vai meno, è quel modo di negoziare che piú facilmente, ed a via piú dritta e breve, conduce al fallimento. Ma e che altro fa un principe od un governo di qualsivoglia Stato, quando alle monete forestiere, ancorché d’oro o d’argento di buona lega, permette il corso a prezzo maggiore di quello che giustamente converrebbesi, se si proporzionasse l’intrinseca sua bontá e peso alle altre del paese? che altro fa, dico, che barattar le sue buone a quelle di que’ principi forestieri, che sono meno buone? Sono buone l’une e l’altre, se parliamo in genere della qualitá del metallo; ma, se, rispetto al prezzo, che si fanno correre le proprie cosi d’oro come d’argento in ordine al metallo fino che contengono, si valutano piú le forestiere, chi non vede che i mercanti forestieri, anzi talora i principi