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tura di un’idea favorita, Boxtel la perdette, macinando tutti li svantaggi, che causavagli il progetto del vicino.

Van Baerle, come si può pensare, dal momento che intese a questo scopo la perfetta intelligenza, di cui avealo dotato la natura, riuscì ad allevare i più bei tulipani.

Meglio degli orticultori dell’Aya e di Leida, città che offrono i terreni migliori e il clima il più sano, Cornelio riuscì a variarne i colori, a modificarne le forme, a moltiplicarne le specie.

Egli era di quella ingegnosa e originale scuola del secolo VII la quale prese per divisa questo aforismo sviluppato nel 1653 da uno dei suoi adetti;

È disprezzare Dio il disprezzare i fiori.

Premessa di cui la scuola tulipaniera, la più esclusiva delle scuole, fece nel 1653 il seguente sillogismo:

È disprezzare Dio il disprezzare i fiori.
Più il fiore è bello, più disprezzandolo si offende Dio.
Il tulipano è il più bello di tutti i fiori.
Dunque chi disprezza il tulipano offende smisuratamente Dio.

Col qual ragionamento, si vede bene, se aiutato da cattiva volontà, i quattro o cinquemila tulipanieri di Olanda, di Francia e di Portogallo senza contare quelli del Ceylan, dell’India e della Cina, avrebbero messo l’universo fuori della legge e dichiarato scismatici, eretici e degni di morte più centinaia di milioni di uomini freddi pel tulipano.

Non v’è dubbio nessuno che Boxtel per simile