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Tyckelaer, languì Cornelio de Witt fratello del gran Pensionario di Olanda.

Se la storia di quel tempo e soprattutto di questo anno, al cui scorcio cominciamo il nostro racconto, non fosse strettamente legata co’ due nomi che citeremo, le poche linee di schiarimento che andiamo a dare, potrebbero sembrar fuori di luogo; ma noi preveniamo sulle prime il nostro lettore benevolo, cui promettiamo di piacere alla prima pagina, e cui parliamo bene o male nelle pagine seguenti, lo preveniamo, che questo schiarimento è indispensabile, tanto alla intelligenza della nostra storia, quanto del grande avvenimento politico da cui questa storia si parte.

Cornelio o Cornelius de Witt, ruward di Pulten, cioè ispettore delle dighe di quel paese, ex-borgomastro di Dordrecht, sua città natale, e deputato agli Stati di Olanda aveva 49 anni, allorchè il popolo olandese, stanco della repubblica, come intendevala Giovanni de Witt gran Pensionario di Olanda, fu preso d’un pazzo amore per lo Statolderato, il quale dal permanente editto, imposto da Giovanni de Witt alle Provincie Unite, era stato per sempre abolito in Olanda.

Come gli è raro che in questi sconvolgimenti capricciosi lo spirito pubblico non veda un uomo di dietro al principio, di dietro alla repubblica il popolo vedeva le due severe figure dei fratelli de Witt, questi Romani dell’Olanda, disdegnosi di piaggiare la velleità nazionale e inflessibili amici di una libertà non licenziosa, e d’una prosperità non strabocchevole, mentrechè dessi vedevano dietro lo Statolderato la fronte bassa, grave e pensierosa del giovine Guglielmo