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— Vengo a chiedervi dieci minuti di abboccamento, mio caro signore, disse Holmes colla voce sua più tranquilla.

— Non ho tempo di chiaccherare con un ozioso. Non vogliamo forestieri qui. Uscite, o vi lancio i cani alle calcagna.

Holmes si curvò verso lui e gli sussurrò qualche parola all’orecchio. L’allevatore trasalì.

— E’ una menzogna, un’infernale menzogna, gridò.

— Bene. Ma volete proseguire l’abboccamento in pubblico oppure volete che entriamo in casa vostra?

— Oh! venite... se volete.

Holmes sorrise.

— Non mi aspetterete che qualche minuto, Watson, disse. Ora signor Brown sono a vostra disposizione.

Attesi venti minuti, e quasi tramontava il giorno quando l’allevatore e l’amico mio ritornarono. Una enorme trasformazione era avvenuta nella persona di Silas Brown. Era mortalmente pallido, e grosse stille di sudore gli imperlavano la fronte.

Il frustino gli tremava nella mano come un ramoscello agitato dal vento.

I modi insolenti e arroganti aveano dato luogo a un atteggiamento di cane battuto.

— La vostre istruzioni saranno fedelmente eseguite. Tutto sarà fatto.

— Non si tratta d’inganni, disse Holmes guardandolo. L’altro fremette leggendo in quello sguardo una minaccia.

— Oh! no, siate tranquillo. Egli si troverà là. Lo cambierò prima o no?

Holmes riflettè un poco, poi ridendo disse:

— No, nulla fate, vi scriverò. Ma non frodi, diversamente...

— Oh! potete fidarvi, farò come dite.

— Sì, ritengo anch’io. Avrete mie notizie domani.

Dicendo queste parole, se ne andò senza fare at-