Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/36

30 i marmi - parte prima


Gli Dei ti guardino e disponghiti a sodisfarmi e farmi contento; ché fia tutta la mia contentezza in vederti e udire i tuoi amaestramenti».

Borgo. Se non va da questo uomo reale, io gne ne voglio male a questo filosofo. Seguitate, se per sorte vi fosse il resto dell’istoria.

Ghioro. «Partironsi gl’imbasciadori per Atene con la lettera e con molto oro, argento e pietre preziose di gran valore. E, arrivati, lo trovarono nell’Academia che egli leggeva: onde alla presenza di tutti gli udienti fecero l’imbasciata e presentarono la lettera di pugno del re; la quale, leggendola forte, fece stupire tutto quel collegio di sapienti, tanto piú sapendo che i principi barbari non tenevano mai filosofi per imparare, ma per amazzargli. Udito che ebbe Anatarso l’intenzione del re, non si mutò nulla in faccia, non fece atto alcuno con la persona, non gli uscí parola di bocca che pendesse né se gli annodò la lingua o sciolse per tal novitá e manco riguardò sí gran ricchezza con occhio che dir si potesse avido o curioso; anzi saldo, come sempre era il solito suo, e dinanzi a tutti i filosofi gli fece una mirabil risposta di suo mano».

Borgo. Questa avrò caro d’udire, massimamente per veder come egli sta a quella tòca dell’oro. Io per me avrei posto piú tosto le mani sopra il tesoro che presa la penna per rispondere. Orsú, chi è avventurato e chi no: io l’ho per pazzo, se non si mette quelle gioie in casa.

Ghioro. Perché voi sète tutto di questo mondo e dato ai piaceri: non se ne cava giá altro che vitto e vestito; e quanto piú tesoro ha uno, manco ne gode; e cosí è l’ordine di sopra.

Borgo. Io non sono ancóra abbattutomi mai a simil disgrazie; se io vi caggio una volta, saprò poi come mi debbo governare anch’io. Or leggete la risposta.

Ghioro. «Anatarso, minor di tutti i filosofi, a te Creso, il maggior di tutti i re, manda salute, e ti desidera accrescimento di virtú, come tu lo chiedi per la tua lettera. Molte cose del tuo regno e di te si dicon di qua, come costá si dice di noi e della nostra Academia; e questo viene per il desiderio che hanno gli uomini di saper tutte le cose che si fanno