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capitolo lvii 511

domo del duca (quello che aveva finto di essere la Trifaldi) gli aveva posto in mano un borsellino con dugento scudi d’oro per le spese di viaggio: dono di cui il suo don Chisciotte era affatto all’oscuro. Stando dunque, come si è detto, tutti attenti ad osservare la partenza dei viaggiatori, d’improvviso tra le altre matrone e donzelle della duchessa alzò la voce Altisidora lesta e discreta, e con dolente accento così proruppe:

“Ascoltami, o malnato cavaliere; tieni un poco le redini; non tormentare i fianchi della tua mal governata bestia.

“Vedi, o perfido, che tu non fuggi da feroce serpente, ma sibbene da agnelletta ancor molto lontana dall’esser pecora.

“Schernisti, orrido mostro, la più avvenente donzella che Diana vedesse mai ne’ suoi monti o Venere nelle sue selve. Crudel Bireno, fuggitivo Enea, Barabba t’accompagni e mal ti dea.

“Tu ne porti (empio ladroneccio!) ne’ tuoi artigli le viscere di