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capitolo xxvii 255

che rubò a Sancio Panza il leardo, di che non leggendosi (per colpa degli stampatori) il come e il quando nella prima Parte della istoria, si fecero molte persone ad accusar l’autore d’inesattezza, quando pure doveva ciò ascriversi unicamente a difetto di stampa. Gines in fatti rubò a Sancio il leardo mentre egli vi stava sopra dormendo, e si è valso di quell’astuzia stessa che adoperò Brunello quando trovandosi Sacripante al conquisto di Albracca gli tolse il cavallo di sotto alle gambe, e fu indi ricuperato. La ventura di maestro Pietro fu come segue. Gines di Passamonte temendo di esser colto dalla giustizia che lo cercava per punirlo delle infinite sue furfanterie delle quali egli stesso compose un gran volume per darne conto, determinò di passare nel regno di Aragona e di fingersi cieco dall’occhio sinistro. In quel tempo si dedicò alla professione di burattinaio ciarlatano; poichè in questa, e nel giuocare di mano egli era eccellente. Ora accadde che da un cristiano venuto di Barberia e uscito di cattività comperò quello scimiotto, e lo addestrò con certi segni a saltargli sulle spalle, ed a fingere di mormorargli qualche cosa all’orecchio; e con questa industria prima di entrare in qualche paese, dove divisato avea di portarsi col suo casotto e collo scimiotto, informavasi dalle genti del più vicino paese, o da chi più gli cadeva in acconcio, quali cose più singolari fossero nel tale paese avvenute ed a quali persone; e ritenendole bene a mente, cominciava dall’esporre al pubblico il casotto in cui variava rappresentando ora una istoria ora un’altra, sempre però gioconda e festevole e a tutti nota. Finita che avea quella mostra, metteva in campo le abilità del suo scimiotto, facendo supporre al popolo che egli indovinava il presente, ma che nel futuro non ci aveva grazia. Chiedeva due reali per ogni risposta a qualunque dimanda, ma qualcuna la dava anche a più buon mercato, secondo che conosceva l’umore di quelli che interrogavano. Portandosi qualche volta alle case di gente di cui sapeva qualche successo, sebbene non gli facessero interrogazioni per non pagarlo, tuttavia invitava cogli usati cenni lo scimiotto, poi dicea che gli avea rivelata la tale o tal cosa, la quale calzava a pennello con ciò ch’era avvenuto realmente. Con questi mezzi s’era acquistato gran credito, e veniva desiderato per ogni dove. Altre volte, come colui ch’era di molta astuzia, rispondeva in maniera che le risposte quadravano colle proposte; e siccome non era mai eccitato a ventilarle, nè costretto a far conoscere con quale industria divinasse quel suo scimiotto, così ingannava tutti e vuotava a tutti la borsa. Appena entrato nell’osteria egli aveva conosciuto don Chisciotte e Sancio, e ciò gli rese facile la strada a far maravigliare il padrone e lo scu-