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capitolo xxvi 245

suo stretto parente e a luì molto caro, lo manda sul fatto a pigliare, e ordina che gli sieno date dugento frustate, e che sia menato per le pubbliche strade della città con banditori innanzi e con molti sgherri dietro: ed ecco qua ch’escono ad eseguire la sentenza (benchè la colpa non fosse stata interamente consumata), perchè fra i Mori non si danno termini alle parti, nè si fa luogo a prove, nè a scritture come si usa tra noi. — Ragazzo, ragazzo, disse don Chisciotte a questo punto con sonora voce, seguita senza più la tua istoria per linea diritta, nè volerti mettere nelle curve o trasversali, chè indispensabili sono le prove e le riprove per conoscere limpidamente la verità„. Maestro Pietro dal di dentro allora si fece a soggiungere: — Ragazzo, non uscire di proposito, ma eseguisci i comandi di questo signore, chè ciò sarà per lo tuo meglio: seguita il canto fermo e non voler impicciarti nel contrappunto; chè chi troppo l’assottiglia la spezza. — Così farò, rispose il ragazzo, e proseguì dicendo: Questa figura che comparisce quivi a cavallo coperta con una cappa guascona, è quella di don Gaifero medesimo, la cui sposa, già vendicata dell’audacia dello innamorato Moro, con migliore e