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capitolo xxiii 215

secco e annerito! Montèsino mi disse che tutta la gente che componeva quella processione erano serventi di Durandarte e di Belerma, i quali ivi coi due loro padroni stavano incantati come tutti gli altri; e che l’ultima, la portatrice del cuore nel fazzoletto, era la signora Belerma, che per quattro giorni di ogni settimana colle sue donzelle faceva quella processione, cantando, o, per meglio dire, piangendo versi di mestizia sulla spoglia e sul compassionevole cuore del suo cugino. Mi avvertì ancora che se a me fosse apparsa un po’ brutta, o non così bella come ne correva il grido, se ne doveano incolpare le triste notti e i dì peggiori ch’ella passava in quell’incantamento, come lo dimostravano le sue grandi occhiaie e il suo colore gialliccio. Se l’affanno del suo cuore, mi disse, che sempre le ricorda la fatai perdita del suo amante nel flore degli anni, non la amareggiasse, l’agguaglierebbe appena in bellezza, in grazia e in bel garbo la grande Dulcinea del Toboso sì celebrata per tutti questi contorni ed anche per tutto il mondo. — Adagio un poco, allora diss’io, signor don Montèsino; proceda vossignoria nel rac-