Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/353


capitolo xxxii. 335

valiere e una dama riposano sotto un alloro. — E a voi che ne sembra, bella giovane? disse il curato, rivolgendosi alla figlia dell’oste. — Nol so, o signore, rispos’ella, in coscienza mia: io pure li sento leggere, e in verità ad onta che non li intenda ne provo diletto: per altro non mi vanno a sangue quei colpi che piacciono tanto a mio padre, ma m’interessano i lamenti dei cavalieri quando si trovano lontani dalle loro signore, e mi commuovono fino a farmi piangere di compassione. — Di maniera che, buona giovine, disse Dorotea, se piangessero per cagion vostra, voi non indugiereste ad apprestar loro il rimedio? — Non so quello che farei, rispose la ragazza, e posso dire soltanto che tra quelle signore ve ne sono alcune tanto crudeli che meritano dai cavalieri il nome di tigri, di leonesse ed altri siffatti. Dio buono! non so come possa darsi gente