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capitolo xxvii. 275

dizio della buona opinione e della fama delle fanciulle. D’altra parte io diceva in contrario, che quand’ella avesse fatto sapere ch’io era suo sposo, sarebbesi conosciuto che non avea poi scelto sì male da meritarsi castigo; mentre prima che se le fosse offerto don Fernando non poteano bramare certamente i suoi genitori (quando avessero bilanciati colla ragione i loro desiderii) uno sposo di me più adatto alla loro figliuola. Io aggiungeva ch’ella stessa, prima di avventurarsi all’estrema necessità di dover dare la sua mano avrebbe potuto dire che io le avea già data la mia, perchè sarei allora volato a confermare per vera la sua finzione. Conclusi finalmente che il poco amore, la inferma ragione, la molta ambizione e il desiderio di grandeggiare fecero che Lucinda si dimenticasse delle parole colle quali mi aveva ingannato, trattenuto e sostenuto nelle mie speranze e nelle oneste mie brame. Sfogandomi a questo modo e con tanta perturbazione di animo ho viaggiato tutto il restante della notte, e sull’apparire del giorno mi trovai all’ingresso di queste montagne per le quali andai errando tre giorni senza direzione o strada prefissa di sorte alcuna, finchè giunsi non so in qual parte di queste solitudini, in un prato, ed ivi domandai ad alcuni pastori quale fosse il recesso di queste balze più aspro e più solitario. Mi diressero eglino dove io loro avea chiesto, e mi v’incamminai risoluto di perdere la vita. Penetrando tra queste solitudini morì la mia mula di stanchezza e di fame, o, come credo più