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fra un atto e l’altro 99

piuttosto il riso di un idiota, così (c. s.) o piuttosto un riso paterno e gioviale (c. s.) o un risolino economico di strozzino amabile, o anche una risata elegante di gran signore (c. s.) o il riso convulso di un pletorico (c. s.) e infine la risataccia sguaiata che faccia tremare i vetri del soffitto (c. s.). Credetemi, in parola, quando devo ridere, è una cosa da piangere.

In sostanza, io devo sapere piangere e ridere insieme con tutte le sfumature, con tutte le variazioni possibili; e se ci fosse un istituto di recitazione per conseguire una laurea nell’arte, l’esame, secondo me, dovrebbe consistere in questo solo esperimento: fingere un dialogo con un interlocutore invisibile, che vi faccia passare attraverso a tutte le passioni, a tutti i movimenti dell’animo umano, dalla noia all’interesse, dall’attenzione allo sdegno, dallo sdegno alla curiosità, da questa al riso, dall’ilarità alle lagrime e anche viceversa.

Figuriamoci che voi siate professori: ebbene il mio esame sarebbe questo:

(Mediante la mimica naturale e le varie espressioni del viso, finge salutare un amico