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libro primo 65

fondamenti suoi, e vedesse l'uso presente quanto è diverso da quelli, giudicherebbe essere propinquo senza dubbio, o la rovina o il flagello. E perchè sono alcuni d’opinione, che il ben essere delle cose d’Italia dipende dalla Chiesa di Roma, voglio contro ad essa discorrere quelle ragioni che mi occorrono, e ne allegherò due potentissime, le quali secondo me non hanno repugnanza. La prima è, che per gli esempj rei di quella Corte, questa Provincia ha perduto ogni divozione ed ogni Religione: il che si tira dietro infiniti inconvenienti e infiniti disordini; perchè così, come dove è Religione si presuppone ogni bene, così dove ella manca, si presuppone il contrario. Abbiamo adunque con la Chiesa e coi Preti noi Italiani questo primo obbligo, d’essere diventati senza Religione e cattivi; ma ne abbiamo ancora un maggiore, il quale è cagione della rovina nostra. Questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa nostra Provincia divisa. E veramente alcuna Provincia non fu mai unita o felice, se la non viene tutta alla ubbidienza d’una Repubblica o d’un Principe, come è avvenuto alla Francia ed alla Spagna. E la cagione che la Italia non sia in quel medesimo termine, nè abbia anch’ella o una Repubblica, o un Principe che la governi, è solamente la Chiesa; perchè avendovi abitato e tenuto Imperio temporale, non è stata sì potente, nè di tal virtù che l'abbia potuto occupare il restante d’Italia, e farsene Principe. E non è stata dall’altra parte sì debile, che, per paura di non