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libro primo 133

trastandole, difendere il Pubblico, qualunque volta, com'è detto, si ricordava, andava sottosopra quella Città, e i Nobili con pazienza ed industria la temporeggiavano, o con trar fuora un esercito, o che a quel Tribuno che la proponeva, s’ oppo- nesse un altro Tribuno, o talvolta cederne parte, ovvero mandare una colonia in quel luogo, che s’ avesse a distribuire; come intervenne del contado di Anzio, per il quale surgendo questa disputa della legge, si mandò in quel luogo una colonia tratta di Roma, alla quale si consegnasse detto contado. Dove Tito Livio usa un termine notabile , dicendo, che con difficultà si trovò in Roma chi desse il nome per ire in detta colonia; tanto era quella Plebe più pronta a voler desiderare le cose in Roma, che a possederle in Anzio. Andò questo umore di questa legge così travagliandosi un tempo, tanto che i Romani cominciarono a condurre le loro armi nelle estreme parti d’Italia, dopo al qual tempo parve che la restasse. Il che nacque perchè i campi che possedevano i nimici di Roma essendo discosti dagli occhi della Plebe, e in luogo dove non gli era facile il coltivarli, veniva meno ad esserne desiderosa, ed ancora i Romani erano meno punitori dei loro nimici in simil modo, e quando pure spogliavano alcuna Terra del suo contado, vi distribuivano colonie. Tanto che per tali cagioni questa legge stette come addormentata infino ai Gracchi da’ quali essendo poi svegliata, rovinò al tutto la libertà romana; perchè ella trovò raddoppiata