Pagina:Diodati - I Salmi di David, Daelli, 1864.djvu/247


salmo cxvi. 227

2          Co’ suo’ lacci m’avea la morte avvinto;
     E per tirarmi ed abbissarmi al fondo
     Del fosco avello immondo,
     M’avean le doglie già serrato e cinto.
     Improvviso scontrai
     Angosce e affanni, ed al Signor gridai,
     Deh per tua grazia pia
     Scampo per tempo porgi a l’alma mia.
3          Giusto è il Signor, e diritta ragione
     Da l’alto ciel con lance ugual dispensa:
     D’alma pietade immensa
     È il Dio nostro, e da grave oppressione
     Fa schermo a’ semplicetti.
     A me ne fe’ sentir prove ed effetti:
     Ch’afflitto ed abbattuto,
     Ebbi da sua man schermo ed aiuto.
4          O spirto mio, ritorna al tuo riposo,
     Che de’ sofferti danni ampia mercede
     Il tuo Signor ti diede.
     Poi che la vita m’hai del periglioso
     Varco salva di morte,
     Gli occhi di pianto e ’l piè di crollo forte,
     Davanti a te conviene
     Ch’i’ viva in queste ognor piagge terrene.
5          Ho creduto, e la fè la lingua sciolse
     In vanti, in laudi ed in gioiosi accenti:
     Ne’ miei felli tormenti
     Dissi, qualor cieco terror mi colse,
     Ogni uom è pur mendace,
     Nè può recar se non speme fallace.
     Che renderotti, o Dio,
     Che d’ogni grazia tua mi fusti pio?
6          Celebrando il tuo Nome in sacra festa,
     La coppa in man torrò de la salvezza:
     E di voti larghezza
     Ti pagherò, Signor, di voglia presta: