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salmo lxxvii. 145

3          Ma di Dio mi sovviene,
     A lui piango e ragiono,
     Di cor afflitto sono.
     Gli occhi dischiusi in vegghie mi ritiene,
     E sono omai tutto conquiso e stanco,
     Vengo del parlar manco.
4          Appo me rimembrando
     Vo quel tempo felice,
     Che con la sonatrice
     Cetra il Signor andava celebrando:
     Ed in segreto, ne le notturne ore,
     Così discorre il core:
5          Vuolmi il Signor avere
     In sempiterno a schivo?
     Nè più il riguardo divo
     In grazia volto verso me tenere?
     E ’l suo favor e sacra veritade,
     Mancata in ogni etade?
6          Have ei di far mercede
     Forse obliato l’uso?
     O tiengli l’ira chiuso
     Il petto, a chi pietade gli richiede?
     Lasso, i’ mi dolgo che ’l Signor sovrano
     Cangiò ver me la mano.
7          Poi mi riduco a mente
     L’opre meravigliose,
     E prove gloriose,
     Fatte da te, Signor, anticamente.
     E mentre i grandi tuoi fatti ravvolgo,
     Così la lingua sciolgo.
8          Ne’ sacri santuari
     È la gloria palese
     De le tue grandi imprese:
     N’alcun dio v’è ch’a te vantarsi pari
     Possa in grandezza o pur chi ti somiglie:
     Tu sol fai meraviglie.



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