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dici a non secondar le tendenze sanguinarie del fisco, il quale avrebbe voluto condannare alla morte molti sventurati, sedotti, ed altri cacciati in un carcere perpetuo, senza sentir raccapriccio di rinnovare gli orrori delle stragi di martiri, d’inondare di sangue le strade della città e di mettere la desolazione in tutte le famiglie.

Le sue parole, molto vibrate, concorsero a rendere più temperati gli animi dei giudici per deciderli ad una maggior mitezza; cosicché per nessuno fu approvata e sanzionata la morte. La più grave condanna non oltrepassò i 20 anni di galera e i minorenni furono messi in libertà.

I difensori scrissero e declamarono calorose difese, ricche di stringenti argomenti e l’avvocato, monsignor Annibaldi, lieto del trionfo ottenuto, volle invitarli in casa ad un pranzo.

Rappresentatosi tutto ciò al S. Padre, d’ordine di lui, nel giorno 21 del corrente, fu giubilato a stretto rigor di legge e nominato a successore un tal monsignor Bonini, d’ignota fama.

Il pubblico dice che il fisco e la difesa de’ poveri fecero il loro mestiere, e la legge, accordando la libertà della parola, non doveva farne loro addebito.

Tutti prevedono che sarà argomento di cui approfitteranno i giornali liberali.

Per una combinazione innocentissima, nel giorno 22 del corrente, nel teatro Corea si rappresentò un dramma nel quale figurava la discussione di una causa.