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N.
— No. Ma ho sempre desiderio di vederlo ancora.
R.
— E credi che in futuro lo potrai mai contemplare a sazietà?
N.
— Credo che la cosa non potra mai esser diversa da qual è ora.
R.
— Bene dunque dice l’Ecclesiaste: l’occhio non s’è mai stanco di vedere. Che hai dal più guardare se per quanto guardi non puoi mai dire: ho visto? E similmente le cose che tu dici tue come sono tue?
N.
— Sono mie perchè nessuno me le può prendere.
R.
— Tue allora come sarebbe tuo un campo se lo avessi?
N.
— Così.
R.
— Pure il campo è tuo anche quando tu non lo tieni.
N.
— Ma lo tengo di diritto, lo tengo perchè posso farne quello che voglio mentre gli altri non lo possono fare.
R.
— Allora tuo non è il campo, ma tuo il diritto di fare di lui quello che più ti piace, cioè la sicurezza che altri non può farlo invece tua e impedire te dal farlo. Ma tu solo puoi coltivarlo e trarne i frutti che ti sono utili! — Il campo ti rappresenta la sicurezza di questi frutti nel futuro.
N.
— Appunto. E i frutti sono miei.
R.
— Tuoi come ogni altra cosa che altri non ti possa prendere: la sicurezza che altri non ti torrà d’usarne.