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Del resto ripeteremo l’espressione del voto sincero che facciamo, onde l'illuminato e paterno governo toscano, seriamente avvertendo alle conseguenze che potrebbero derivare dalla soverchia moltiplicità delle concessioni, che abbandonerebbero le più essenziali comunicazioni interamente all’industria privata, senza aver poi mezzi veramente efficaci a costringerla a terminare le sue imprese, ove per difetto di mezzi dovesse sospenderle, come può di nuovo succedere appena segua una crisi, pensi con un più diretto suo intervento, anche di qualche sussidio, ad essere più sicuro di veder coronate di buon successo le imprese medesime, postochè le ha lasciate incominciare; e quanto a quelle non ancora concedute, ben bene s'accerti della realtà dei mezzi d’esecuzione, nè si confidi unicamèhte, come finora, alla sola ventura di speculazioni unicamente fondate sull’aggiotaggio.1

  1. Si è detto da alcuni: «Certo, il giuoco di borsa e l’aggiotaggio son cose riprovevoli, perchè immorali; ma son per la Toscana un male inevitabile, attesa la necessità d’aver strade ferrate e il difetto di capitali per sopperire alla relativa spesa, i quali non si possono altrimenti cercare all’estero». — A questo argomento rispondiamo che, anche fatta astrazione dà’ princìpi, i quali non consentono di fare o lasciar fare cosa men retta, quand’anche possa derivarne un bene, non è vero che tutte le concessioni chieste ed ottenute siano poi alla Toscana prosperità indispensabili. Nè sussiste che non si possa altrimenti fare incetta di capitali all’estero. Abbiamo già notato esservi in Germania Stati, i quali non hanno mezzi e credito superiori alla Toscana, e che tuttavia seppero procurarsi le vie ferrate, contraendo bensì coi banchieri prestiti, ma senza abbandonar loro l'impresa, e porgere ad essi, coll’occasione di celebrarla in modo soverchio, il mezzo di fare speculazioni d’aggiotaggio. Codesto riflesso ci muove a condannar del pari certa proposta che vuolsi fatta e che noi indichiamo però come cosa assai dubbia: di compensare un’altra concessione impetrata coll'assumer l'obbligo di pagare lire 2,000,000 per fare la mancante facciata del duomo di Firenze, ed inoltre di rifare la via che da Mercato Nuovo conduce al Ponte Santa Trinità, od altre simili grandiose opere d’abbellimento della città. Sicuramente, se queste potessero mandarsi ad effetto col pubblico concorso, sarebbe cosa degna di plauso; perocché renderebbero la già così bella ed ospitale Firenze, bellissima, e viepiù degna del gran concorso de' forestieri che vanno a godervi del suo bel clima, delle bellezze dell’arte, e della molta sua civiltà.